mercoledì 28 dicembre 2011

Un'amica e una città.

Non sarò mai una che pubblica libri tratti dal suo blog e non sarò mai intervistata in qualche trasmissione sul perchè e percome il mio blog è tra i più cliccati.
Nemmeno sfioro il pensiero che prima o poi ne caverò anche solo un centesimo, però questo blog ha un pregio, bellisimo, immenso e senza prezzo.
Funziona da notiziario/collante tra me e persone care, alcune storiche , alcune nuove e alcune ritrovate.
E questo a me sembra già abbastanza.
Ho anche scoperto che alcuni miei studenti lo leggono. Il che ha generato non poca ansia da prestazione...a
Questa riflessione sul blog coesivo, è nata proprio stasera quando ho sentito la mia amica d'infanzia che, giustamente, si lamentava della mia latitanza telefonica e anche della lunga assenza dalla mia seconda città, cioè Livorno.
Ha tenuto a specificare che, se non fosse per il blog, nemmeno saprebbe più cosa succede a me e alla mia famiglia.
Ho provato ad accusare proprio questo blog della mancanza di tempo, ma niente, l'esiguo numero di post non sostiene la scusa.
Io e lei siamo amiche da prima che lei nascesse. Caso piuttosto raro lo so, eppure è così che è andata.
Nel senso che quando sua mamma era incinta io vivevo da mia nonna, in una palazzina dove la parola "comunità" era qualcosa di palpabile e dove i rapporti erano continui, frequenti e reali.
Quindi noi, senza coscienza alcuna del fatto, ci siamo frequentate da subito, anzi da prima.
Non so se questo concetto è comprensibile...
Il risultato è stato che per tutte le estati a venire (che per noi duravano da giugno fino ad ottobre), per le lunghe vacanze di Natale e tutte le altre feste possibili, noi eravamo "pane e burro", tanto per citare Forrest Gump.
Lei al piano sotto , io a quello sopra.
Avevamo imparato a riconoscre i rumori che scandivano la nostra giornata durante le poche ore in cui non stavamo insieme.
A me per esempio, mandava ai matti il fatto che lei fosse una dormigliona e che la mattina se non erano almeno le 10 non resuscitava. A volte cercavo di fare rumore dal piano di sopra per svegliarla.
Le giornate passate a Livorno, con i nonni, i miei cugini, lei, gli zii e le amiche di mia nonna, sono la cosa che mi ha salvato dalla depressione e dalla totale inettitudine come madre.
Sono stati anni di affetto e giochi spensierati, di fasi evolutive a ritmo regolare, di amore regalato insieme alla serenità.
Il rito della spesa con nonna la mattina, dove affondavo la faccia dentro il cesto dei funghi secchi del norcino Alberto per inebriarmi di profumo, o ad intrattenersi in chiacchere con il macellaio istrione Ivo e comprare il pane di Altopascio e la schiacciata, salata e oliosa ( ma di olio buono).
Poi c'era il passaggio al negozio di frutta e verdura, tenuto da parenti nostri e che ha impresso per sempre nella mia memoria olfattiva il legame stretto tra nonna e basilico.
E poi le giornate con lei, il legame più forte della mia infanzia/ adolescenza.
Se mi metto a pensare all'infinità di ricordi che condividiamo, vengo colpita da una cascata di emozioni e gioia, perchè non è da tutti avere un'infanzia così privilegiata, o perlomeno io mi sento privilegiata ad averla avuta.
Insieme abbiamo condiviso ore di parco e altalene, con mio nonno che riusciva a spingere me, lei e altri bambini contemporaneamente, inventandoci storie ed avventure tra le siepi di alloro.
Abbiamo pattinato per un totale non esagerato di anni, in strada, sulle piste e nei cortili, sotto il sole di agosto, indisturbate.
Non so se era un gioco comune anche ad altri, ma noi passavamo veramente intere giornate a scambiarci cose con il cestino calato dal mio terrazzo al suo oppure a fare bolle di sapone da sopra a sotto e viceversa.
Insieme abbiamo vissuto la stagione balneare intensamente e in modo assolutamente livornese.
Scorribande per gli stabilimenti, giochi e rimpiattini prima, rincorse dietro i ragazzini che ci piacevano dopo. E quello di gran lunga è stato il periodo più strepitoso...
L'odore della cabina fresca, l'olio di cocco, i costumini sgambati, lo shampoo in mare perchè " fa venire i capelli biondi" e la corsa quando all'altoparlante annunciavano "è pronta la pizzaaaaa". Se qualcuno ha visto qualche film di Virzì può capire.
La mania delle perline che ancora oggi coltivo e che insieme abbiamo cominciato. Avevamo certi negozietti, dove andavamo a scovare colori e formati diversi, per i nostri braccialetti tessuti nella scatola da scarpe.
E poi le prime esperienze di shopping dove ancora oggi devo molto a lei, famosa cintura nera di quest'arte.
Ho cominciato con lei a rovistare nelle ceste dell'upim e a districarmi per i banchi del mercatino americano di piazza XX Settembre.
Compravamo le prime Fruit of the loom, le spadrillas colorate e tagliavamo i jeans a pantaloncino.
Ci siamo travestite in ogni modo possibile, usando vestiti di carnevale e pezzi del primo novecento scovati a casa mia.
La follia più totale però, l'abbiamo sfiorata quando i nostri ormoni hanno cominciato ad impazzire per Miguel Bosè e urlavamo e piangevamo come povere pazze quando appariva sul palco del Festivalbar, appuntamento immancabile nelle nostre serate estive.
Andavamo a letto tardissimo, perchè vedevamo la tv con sua mamma, ma dovevamo anche chiaccherare e raccontare, imparare a memoria i testi delle canzoni e fare le cretine con il ragazzino del quarto piano che ci piaceva a tutte e due.
Intanto mia nonna e le altre signore del palazzo, prendevano "il fresco sull'uscio di strada" ed erano bellissime tutte li in fila con le loro seggiole.
Ma sapete cosa mi commuove maggiormente? Il fatto che i miei figli non avranno mai nemmeno qualche giorno di questa spensieratezza e libertà, perchè non esistono più certi rapporti e certe situazioni così intime come il palazzo di mia nonna e perchè nessuno si sente più di mandare dei bambini in giro da soli in bicicletta o con i pattini in mano fino a un parco abbastanza lontano, senza telefonino e senza preoccupazioni.
Noi eravamo libere.
Prendevamo l'autobus la mattina presto fino al mare e tornavamo per pranzo e mia nonna mi aspettava senza ansia (almeno non apparente). A volte con sua mamma e a volte sole.
Io salivo le scale fresche chiamandola e trovavo il pranzo profumato pronto.
Nessuno stress da ritardo. Andavamo e tornavamo.
Molto più piccola dell'adolescente oggi, già andavo a fare passeggiate da sola e nonna si fidava e stava tranquilla. Forse perchè non ero tipa da colpi di testa o forse perchè veramente non ricordo nemmeno una situazione di leggero pericolo.
Nessuno ci ha mai importunate, facevamo il bagno lontano dai pasti perchè così andava fatto e non ci veniva in mente di cambiare strada per andare altrove.
Il nostro unico scopo era quello di divertirci e l'abbiamo fatto sempre al massimo.
Per noi divertirci era anche stare ore a giocare a "Barbie, reginetta del ballo" oppure a ritagliare il catalogo PostalMarket, dopo averlo letto e riletto per altrettante ore o a confezionare vestitini per la Barbie.
In mezzo c'erano merende a pane e pomodoro e gelati comprati all'Arci vicina.
Ricordo di una volta che già adolescenti conclamate, ci venne la fissazione di farci delle fototessera. Vai a capire...ci truccammo in modo molto sperimentale, ma soprattutto l'acconciatura risentiva molto degli anni '80 che stavamo vivendo in pieno.
Quindi acconciate in modo praticamente identico, con ciuffo laterale tenuto da uno strano serpentone di palstica, partimmo di pomeriggio presto per arrivare fino al porto per scattare queste foto in b/n che assolutamente devo in qualche modo preservare dall'invecchiamento.
Non ricordo bene se con il costo di una serie ne facemmo due per uno, ma penso di si. Perchè ne ho 2 io e due dovrebbe averne lei.
Lei è stata mia testimone di nozze al primo matrimonio, io sua al suo per fortuna unico e sono la madrina di sua figlia.
Loro però erano anche al mio secondo matrimonio, mi dispiace solo che abbiano dovuto rifarmi il regalo!
Il fatto di avere così tanto ricordi in comune con una persona, per me che non ho sorelle o fratelli (e nemmeno lei), è di vitale importanza.
La condivisione di una memoria comune rende inossidabili certi rapporti e preserva dalle dimenticanze.
Anche gli affetti per persone che non ci sono più ma che abbiamo entrambe amato e dalle quali siamo state amate è fondamentale.
I miei nonni,sua nonna, suo padre e sua madre, vivono nei nostri ricordi comuni mischiandosi affettuosamente.
Anche se la vita ci costringe a ritmi che impediscono oggi l'assidua frequentazione, mi piace sapere che di lei ancora so i gusti estetci e gastronomici, perchè so di sicuro che in certe cose non è cambiata.
So che le piace il prosciutto crudo, i panini fatti con l'aristina e la schiacciata. So che va pazza per i dolci e per il tirmisù in particolare.
Lei invece sa che non posso stare a Livorno senza torta di ceci.
E anche se adesso i segni del tempo si cominciano a vedere sui nostri visi e le cose della vita ci hanno segnato in modo irreversibile, quando stiamo insieme stiamo bene. Io rivedo sempre lei ragazzina e ci parliamo sempre come se il discorso fosse finito poche ore prima.
Eccheppalle però. Vorrei avere più tempo per tornare in quella città che riesce ad evocare con odori, ambienti e suoni, cose incredibili.
Questo post é dedicato a Lei e a Livorno. Ciao Alla.

1 commento:

  1. ahhh, quanto hai ragione Paolè! eravamo libere....e mai i nostri figli potranno vivere queste situazioni....che peccato!

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